1321 – 2021/ OMAGGIO A
DANTE
Nell’occasione dell’anniversario della morte di Dante, ripubblico qui di
seguito la nota che scrissi e pubblicai sul mio blog in data appresso indicata
mercoledì 9 aprile 2014
LA POESIA ALLEGORICA E LA BEATRICE
DANTESCA
Nella letteratura, il
lavorio di molti critici nei secoli fa non di rado sorridere. .Non parlo del lavorio per chiarire pensieri e
commentare opere con un proprio vocabolario appropriato, ma di quello del
ricercare puntigliosamente, fra le righe e le parole degli autori, qualcosa che
gli autori medesimi non vi hanno messo e, anzi, di inventare più di qualche
cosa che gli autori non hanno inteso dire.
E’ il caso del
lavorio di molti critici nei confronti di Beatrice, la creatura poetica di
Dante ed anche, forse in minor misura, di Laura, creatura poetica del Petrarca.
Hanno voluto identificare per
forza donne reali con quel nome, quando
donne reali nelle opere poetiche di cui si parla non ci sono. Sanno bene che
nelle opere dantesche ci sono allegorie, ma non ammettono che tutta l’opera di
Dante è allegorica, compresa, quindi, la figura di Beatrice, che, come dice il
Poeta nella Vita Nova, cap.II “La quale
fu chiamata da molti Beatrice, li
quali non sapeano che si chiamare”. In proposito è bene subito notare che “fu chiamata da molti” Beatrice, non da
tutti, quindi, ma solo da quelli che conoscevano
il codice di comunicazione, cioè dai Fedeli d’Amore.
Riguardo a Beatrice, è vero che
cominciò il Boccaccio a volerla identificare con la Portinari, proprio il
Boccaccio che tanto critico non è, quanto poeta e scrittore; evidentemente però
volle attaccarsi anche lui per primo la malattia dei critici, quella
d’inventare ciò che non c’è nelle opere commentate. Ma va che il Boccaccio non
l’abbia fatto apposta!
A riguardo di Beatrice, basterebbe
tener presente la complessa personalità culturale di Dante, che non era solo
quella del poeta o del letterato.
Si potrebbe dire che Dante poteva
essere egli stesso quasi un’enciclopedia incarnata e personalizzata, una
“summa” del sapere del suo tempo; e che egli non solo sapeva utilizzare al massimo dell’efficacia
come suoi personali strumenti il pensiero aristotelico-tomista e il sistema
tolemaico, ma certamente era anche
padrone di complessi sistemi simbolici
ed esoterici, le cui tracce potrebbero essere riferibili a saperi
sotterranei, come ad esempio a quelli dei Templari e a quelli degli
gnostici.
D’altra parte i saperi segreti
hanno sempre avuto corso sotterraneamente nelle società autoritarie e chiuse di
ogni tempo, figuriamoci al tempo delle eresie, dei roghi, delle streghe, dei
maghi. Come Dante avrebbe potuto esprimere e comunicare saperi e tesi
divergenti in quel suo tempo così ricco di fervori religiosi e di eresie
ferocemente condannate, quando si mandavano al rogo i Templari, fra’ Dolcino e
chiunque accusato di magia e stregoneria,
se non attraverso un complesso linguaggio simbolico organizzato e
finalizzato alla circolazione delle idee verso e tra “chi sa”, cioè verso e dentro una
cerchia ristretta di adepti in grado di
riconoscere ed interpretarne correttamente
il codice di comunicazione? Dante stesso, nel IX canto dell’Inferno,
scrive: “ O voi ch’avete li ‘ntelletti
sani,/ mirate la dottrina che s’asconde/ sotto ‘l velame de li versi strani”.
Sono molti ormai che hanno messo in
luce l’architettura allegorica delle
opere dantesche, dell’irrealtà di
Beatrice e della sua metafora. Eppure si continua ad insegnare nelle scuole la
favola di un’ignota Beatrice Portinari per non voler scoprire il senso del
“velame de li versi strani” che sta a difesa tuttora di secolari incrostazioni di “potere”,
difficile ancora oggi da scuotere.
Infatti nelle opere dantesche
Beatrice è solo una delle figure simboliche, fra quelle di Virgilio, Lucia, S.
Bernardo, l’Aquila, la Rosa, ecc. Ne cominciarono a parlare dopo tanti secoli
Gabriele Rossetti, pronto a riconoscerne
i linguaggi simbolici in quanto rosacrociano, poi Foscolo, Pascoli, Luigi
Valli, René Guenon e via via tanti altri.
Se ne proseguì a parlare a mano a
mano che certi “poteri” si affievolivano nel tempo (ancora nel Seicento fra’
Tommaso Campanella era accusato di tenere nascosto un diavoletto nell’unghia d’un suo mignolo!)
mentre altri poteri emergevano dalla storia e trionfavano sugli antichi,
specialmente con la Dichiarazione d’Indipendenza dell’America e la Rivoluzione
Francese. Ma a parlarne furono voci pur sempre soffocate, tenute ai margini
della cosiddetta ufficialità, tanto da
mantenere soprattutto nelle
scuole la puerile interpretazione, che indica nella Beatrice dantesca la carnale Beatrice
Portinari: segno che non tutte le incrostazioni dei vecchi “poteri” che
affondano le radici nei sistemi del pensiero medioevale sono state rimosse
dalle strutture politiche e culturali della nostra società.
Nessun commento:
Posta un commento