martedì 19 febbraio 2013

Pubblico qui di seguito questi due miei sonetti tratti
da una corona intitolata  I VALORI
                          V

Ce straparlano tanto sti signori
Perché con i valori a me me pare
Ce fanno come sempre un bell’affare,
Ce ciurlano nel manico, impostori.

Non ce credono e sono ingannatori
Di quelli che non sanno camuffare,
Che gli scrupoli ciànno nel campare
Pe’ rispetto degli etici pudori.

Guardace tu il valore della vita:
Quante lotte ce fanno pe’ l’aborto,
Quanto ce urla sta gente incarognita;
         
           E invece poi ce va con modo accorto
Sulla guerra, che viene disquisita,
E allora non ce bada  al bimbo morto.

                       VI
Sono maschere e schermi sti valori
Dietro cui, li vedi nella storia,
Ci sono i veri volti con la boria
D’immorali, canaglie e mentitori.

Poi ce pensano storici e scrittori
Ai posteri a darne una memoria
Bonificata per la loro gloria
E farne tra gli uomini i migliori.

Così tutto se lega e tutto torna
A mantenere stabile il sistema
Per cui c’è chi magna e chi se scorna.

E sempre se conferma questo schema
Nel tempo che ce passa e che ritorna
Proprio come insolubile problema.

 

 

domenica 3 febbraio 2013


                       TORNANDO SULLA FUNZIONE DELLA POESIA
   Tralasciamo gli infiniti poeti dilettanti, che straripano on line  e sul cartaceo, autostampati e autoediti. Sono certamente un bene. Come erano un bene gli innumerevoli poeti-cantori e poeti a braccio in ottava rima, che pullulavano nelle osterie e nelle campagne dei secoli scorsi.
  Il massiccio numero dei poeti non costituisce un problema. Non inquina  né altera, come forse potrebbe sembrare a uno sguardo superficiale, la produzione poetica del nostro tempo; così come non aveva alterato quella dei secoli scorsi.
   Costituisce un problema, invece, la permanenza o meno delle funzioni della poesia nel mondo odierno. Perché ci dobbiamo chiedere: a che cosa serve oggi la poesia nel mondo della tecnica, di internet, della velocità e del cambiamento?
   Per la massa dei poeti essa potrebbe anche avere una funzione ludica, una funzione di evasione, consona alla nostra esistenza convulsa e spesso drammatica, per l’allentamento di  tensioni emozionali che salgono dal cuore e che si sciolgono in momenti espressivi, nelle parole, come grumi che si fanno umore fluido.
     Il problema  della funzionalità della poesia non è, però,  solo  per i poeti; ma è per il mondo attuale, per il mondo di tutti; per il mondo dei poeti e dei non poeti. Un mondo  pragmatico e mercantilistico, precario e instabile nell’affannarsi dell’uomo su impegni materiali; impegni che  coinvolgono l’uomo sino a distoglierlo dalla naturale riflessione interiore propria del suo animo. Impegni materiali che  distolgono l’uomo dai richiami dei drammi profondi di un mondo della natura violentato e sconvolto proprio dalla sua azione vorace e insensata. Un mondo in cui l’uomo pare  realizzarsi ed esaurirsi nella tecnica. Talmente  la tecnica è diventata invasiva ed intrusiva.
  Esiste ancora la possibilità di una funzione della poesia in un mondo così alterato dall’azione dell’uomo contemporaneo e in cui tutto si misura sulla dimensione del mercato? Tra mercato e tecnica, il mondo dell’espressione umana sembra condensarsi nella prosa. Il verso stesso sembra impacciare il poeta. Sembra che il poeta non sappia come liberarsene.
    Nell’economia di mercato, la poesia può avere valore di merce e, come tale, avere valore di scambio col denaro? A guardare l’editoria si può affermare decisamente di no. A meno che non si guardi al mercato del fai da te, dell’autopubblicazione, in cui a camparci però sono gli operatori d’impresa e non i poeti. Ma sul piano del numero dei lettori, si potrebbe dire che la funzione della poesia sia esaurita. A meno che non se ne tenti un recupero. Forse anche con un riannodarsi in qualche modo al passato. Almeno per non andare totalmente in deriva.

venerdì 1 febbraio 2013


Pubblico qui di seguito quattro stornelli
tratti dalla mia raccolta VERSI ORTICANTI
edita da Youcanprint.
 
Fioretto bello,                                                     
C’è il sofisma, la logica, il cavillo                                    
Per imbrogliare al popolo il cervello.

Fiore de pianta,
Il cobra con lo zufolo s’affronta,                            
Con le parole il popolo s’incanta.      

Fior de cotogna,
Il popolo ce soffre e ce mugugna,
Se la canta e se gratta poi la rogna.

Fiore d’acanto,
Il poeta ce smoccica compunto,
E ce s’inventa lacrime de pianto.