lunedì 19 novembre 2012

 Trascrivo qui di seguito i primi quattro sonetti
del mio VERSI SATIRICI pubblicato da Booksprint Edizioni
                       LINGUAGGI                                                 
                                     I          
 Ce  sfringuelli a sapé’ come ce scrivo
 Con questo mio linguaggio un po’ balzano,
 Che non pare  nemmanco paesano,
 Pare non serio ma manco corrivo?

 Ce sfrigoli a sape’ come ci arrivo
 A questo eloquio che te sòna strano,
 A sto dire che io dico borghesano
 O civilese e che d’un luogo è privo?

 Me richiamo a un parla’ ch’è parla’ chiaro,
 Oltre il dialetto ch’è già bello e morto
 Fòre de qualche loco carbonaro,

 Oltre la lingua, perché non sopporto
 Il parla’ con forchetta e con cucchiaro
 Pe’ sceglie’ il medio, il lungo ed il più corto.
 
                        II

 Ma lascia sta’ Antonello il senatore
 Che dice che ce scrive in romanesco!
 Il suo modo me sa d’ottocentesco,
 D’artefatto, me sa de strappacore.

 Mo siamo all’esperanto, al parlatore
 Del più chiaro parla’ novecentesco,
 Al mondo incivilito e giornalesco,
 Globalizzato e telespettatore.

 E il saputo che vo’ tenere in vita
 Con l’artificio  un qualche dialetto
 A me me pare un medico somaro:

 Ce scrive una ricetta già fallita,
 Quando quello è già disteso a letto
 E cià la faccia dell’estinto caro.

                                   III

 Te ricordi quando c’erano i fascisti,
 Guardiani dell’italica favella,
 Che a parla’ ce facevano i puristi
 E se rischiava pure una querela?

 Mo se ce parli o leggi, gli snobisti
 Te rifilano termini in sequela
 De lingua inglese; a noi, poveri cristi,
 Qua non ce resta che la lamentela:

 Ma possiamo capì’ sta tiritera
 De termini stranieri nel discorso
 Infilzati per boria e sicumera?

 Non ce l’hanno il bòngusto né il rimorso,
 Ma ciànno il ghigno d’una mente altera
 Che pe’ fasse capi’ vole il rimborso.
                             
                                    IV                                                                                               

 S’ apprezzi pure il dialetto antico,
 Ma non se parla più con quel linguaggio;
 Mo l’asino non raglia solo a maggio,
 Vola in aereo pure il beccafico.

 Quello te spicch inglisc  e ce fa il fico,
 Questo d’ intramezzacce  ci ha il coraggio
 Un pezzo de francese: è un assemblaggio
 De tecniche e de lingue che ‘n te dico!

 Io dico bene e quello dice occhei,
 Io vado fòri e quello fa il vichendi,
 Mastica gomme, e io l’ammazzerei!

 Ed a scuola a sti poveri istruendi
 S’insegna lingua inglese; approverei
 Se sapessero l’italo dicendi.

mercoledì 7 novembre 2012

Presso Booksprint Edizioni è uscito ieri il mio VERSI SATIRICI di cui qui di seguito riporto la premessa. PREMESSA Questo volumetto raccoglie in una prima parte le composizioni scritte prima del 2000, nella seconda quelle scritte dopo il 2000. Sono composizioni che ho voluto scrivere in forma di sonetti, sia in opposizione alla struttura prosastica di molta poesia contemporanea, sia perché il sonetto sollecita il pensiero alla sintesi ed è tanto duttile da rendere efficace ogni genere di poetica, anche quella ironica e sarcastica. La prima parte, quella intitolata “Prima del 2000”, si apre con sette sonetti raccolti sotto il titolo “Il mio linguaggio”. Vi dico perché ho scritto questi versi non nella lingua letteraria, ma in una sorta di parlato, una via di mezzo tra la lingua ed un dialetto non specifico, quasi a costituire una specie di idioletto, che qui chiamo “civilese” o “borghesano”. Un “civilese” forse come reazione all’uso corrente della nostra lingua infarcita da mille inglesismi ed esotismi vari; e forse anche a fronte di un rapido decadimento dell’uso del dialetto, causato dalla moltiplicazione dei mezzi di comunicazione e dalla mobilità migrante. Dopo “Il mio linguaggio”, si aggiunge “La crisi” in quattro sonetti, e poi “Il gioco delle carte” in sette sonetti e, quindi, “L’ammazzamento del Papa” in tre sonetti. In tutte queste composizioni mi sono divertito, satireggiando qua e là, con richiami e citazioni alla realtà della vita degli ultimi decenni del secolo scorso. Nella seconda parte, quella intitolata “Dopo il 2000”, ho trattato due aspetti che mi hanno coinvolto per tutta la vita. Il primo aspetto, in sei sonetti, è quello intitolato “I valori”, in cui ho scritto degli ideali cui avevamo orientato la vita noi giovani con la Resistenza e con la Ricostruzione repubblicana, poi vissuti nell’amarezza della delusione con gli avvenimenti dei decenni successivi. Il secondo aspetto, che ho trattato in sedici sonetti, è quello intitolato “Chiacchiere”. Chiacchiere sono appunto le parole che designavano i valori scritti nella Costituzione e nelle nostre coscienze: parole turgide di significato che erano sangue caldo di noi giovani che ci nutrivamo di speranza. Parole il cui senso abbiamo visto demolito col tempo. Parole divenute poi solo chiacchiere, perché svuotate del loro contenuto con un’erosione progressiva di contro a una sempre più amara delusione. Una delusione dolorosa vissuta come ferita nell’anima di noi giovani che volevamo un mondo più giusto, senza più miserie per i più poveri e senza più privilegi per i più furbi. Ma la realtà è dei più furbi, purtroppo con i privilegi intatti, anzi aumentati. E questo è stato il nostro più cocente disincanto. A questi sonetti poi se ne aggiungono altri sette intitolati “L’òmo” e altri tre con vario argomento, sempre però svolti con spirito satirico oltre al senso di amaritudine sotteso. L’Autore Questo è il link per accedere direttamente al sito http://www.booksprintedizioni.it/libro/satira/versi-satirici e per leggere le prime dodici pagine