Dal mio
LETTERE BIGLIETTI E BIGLIETTINI edito da SIMPLE pubblico qui di seguito la
Premessa a “Biglietti e Bigliettini”.
PREMESSA
Ho indicato
con “Bigliettini” le mie composizioni più brevi e con “Biglietti” quelle un po’
più lunghe, senza però distinguerle e separarle in capitoli diversi.
Poiché sono
tutte di carattere satirico, in altro tempo le avrei dette classicamente
“epigrammi”. Proprio come oltre un ventennio fa, quando ne stampai una
trentina, in pochissime copie per gli amici, con il titolo di “Trenta
epigrammi”.
A leggerli
allora furono davvero pochi amici, anche
perché ancora non si era diffusa Internet. Ma cambia il tempo e con esso mutano
gusti e parole, anche se molte cose poi rimangono sostanzialmente le stesse. Così oggi ho voluto chiamarli “Biglietti e
bigliettini” per significare metaforicamente quegli stessi modi poetici
storicamente definiti come epigrammi.
Senza presumere avvicinamenti a modelli classici forse inarrivabili.
Qui mi pare
anche opportuno notare, però, che col tempo sono caduti in disuso diversi
generi di poesia, con vari suoi modi compositivi; e sono venute anche meno
alcune funzioni della poesia stessa.
Certamente per mutamenti di
sensibilità culturali conseguenti al cambiamento di strumenti e codici
comunicativi nel mondo contemporaneo.
Ha scritto
McLuhan che il mezzo è il messaggio. Oggi le nostre sensibilità non
corrispondono più ai mezzi d’informazione, della scrittura e della poesia
dei secoli scorsi. Non utilizziamo più solo il linguaggio della parola scritta.
Si ricorre spesso all’efficacia del linguaggio iconico; anzi siamo oltre la fotografia e la cinematografia
del passato, siamo ai linguaggi delle tecnologie in cui sono comprese la video
scrittura e la memoria digitale.
Quale
funzione può ancora oggi svolgere la poesia in un mondo caratterizzato da così
rapidi cambiamenti, da linguaggi e codici così diversi da quelli del passato,
specialmente dentro al mondo digitale, iconico, tecnologico?
Il nostro è
il più antipoetico dei tempi, oltre che per l’ansia della velocità dei
cambiamenti, anche perché esso è il
tempo del denaro. Il poeta rischia di chiudersi nell’ascolto della sua sola
interiorità e la poesia rischia di autolimitarsi alla lirica. La satira stessa
oggi è confinata nelle battute e nelle
macchiette degli spettacoli, nelle
vignette dei giornali.
Eppure non
tutti dovremmo rinunciare alla satira poetica. Essa costituisce un modo
espressivo che può avere ancora un suo valore, poiché nei momenti di sosta, di
raccoglimento e di riflessione ci può consentire ancora una forma di autonomia
di giudizio a fronte della piatta banalità del conformismo; e ci può consentire
un rovesciamento dello sguardo sul mondo ancora con la forza e la speranza
proprie dello spirito critico e libero dell’uomo.
Con queste
mie composizioni io non vi ho rinunciato; anzi in esse ho raccolto l’espressione di sentimenti elaborati in
rapporto ad esperienze di vita colte direttamente e indirettamente nel
quotidiano del nostro tempo, tra rabbia, amarezza, sarcasmo.
Sono
composizioni in versi che ho scritto nel corso di alcuni decenni e che ho qui
messo insieme in modo alquanto casuale, non avendo neanche tenuto conto né di
datarle, né di disporle in ordine cronologico: soggettivamente il lettore può
riferirle al tempo che gli suggerisce la sua personale sensibilità.
Le pubblico
tutte oggi in quanto la spesa editoriale non rappresenta più un sacrificio
economico. Ma penso che a leggerle saranno ugualmente assai pochi.
Forse anche perché oggi le composizioni satiriche
non sembrano ritenute classificabili come poesia, così come lo erano ancora un
secolo fa, poiché non rientrano nelle caratteristiche delimitate da un lirismo
introspettivo esasperato, secondo le ultime tendenze , quasi direi secondo la
“moda” di oggi.
Forse anche
perché esse non rispondono ai canoni dei gusti correnti, più proclivi alle
vignette degli umoristi e alle battute dei comici, così rapide e incisive al
confronto di composizioni poetiche che pur sempre richiedono una certa riflessione per la piena comprensione
del testo.
Forse anche perché siamo in tanti a scrivere
(penso che ciò sia un bene) e non molti a leggere, tra cui un certo numero solo
lettori di noi stessi autori (e penso che questo sia un male).
Lo scarso
numero dei miei eventuali lettori mi consentirà di non sentirmi in colpa per
averne infastiditi molti, sia per non
averlo fatto apposta, giacché questi versi
mi sono venuti da sé, per mio personale sfogo dell’animo, pur avendo io
tentato di lavorarci su di lima; sia perché
io non ho spedito di fatto alcun bigliettino o biglietto a nessuno.
Se qualcuno
li leggerà sarà forse solo per puro caso e comunque per sua scelta, giacché non
andrò a mostrare me e il mio libretto in una qualsiasi televisione per farmelo
comprare.
E se qualcuno
li apprezzasse, in tutto o anche soltanto
in parte, sento che in qualche
modo ne sarei sinceramente compiaciuto e gratificato.