domenica 29 settembre 2013


                             LA POESIA
                                 III

      Per chi oggi è ben comodo il poeta
      Castrato nella satira e nell’ira
      D’un Alfieri, privato della mira
      Sarcastica d’un Giusti, come creta

      Dentro molliccio, e non come profeta
      Di popolo che per furor delira,
      Non qual Carducci che arma la sua lira
      Di strali contro i vili e la pianeta?

      Ogni tempo ha il suo stile e il suo linguaggio
      In cui si esprime ciò che gli sta a cuore;
      Ma quel d’oggi è del male sempre ostaggio:

      Con guerre e stragi esso ha versato  sangue,
      Col denaro ci spinge al disonore
      E il petto del poeta ha fatto esangue

 

 

venerdì 27 settembre 2013

                            LA  POESIA
                                 II

       Compose Dante contro il papa, il clero,
      Felloni del suo tempo e fiorentini
      Molti versi per impeto divini,
      Intensi per altissimo pensiero.

      Anche il Petrarca assunse stile fiero
      Per Cola, Roma e gli itali confini.
      Furono Alfieri, Giosuè e Parini
      Maestri di virtù col verso altero.

      Ma poi la poesia del Novecento
      S’è rinchiusa all’interno del poeta
      Per sentire dell’io il rio tormento;

      Così s’è volta al lirico frammento,
      Ermetica, del verso fatta esteta,
      Ha l’ira convertito in un lamento.

 

domenica 15 settembre 2013


               LA  POESIA

                    I
     La poesia ha perso il suo fogliame
      D’alloro messa fuor dal giornalismo,
      Dal video, dai prodotti di costume
      E dal pettegolezzo e la reclame.

      In tanto consumistico ciarpame
      Che si rapprende in melma di pattume,
      Essa langue in retorico tritume
      Nascosta dentro sterile velame.

      Quasi fatta è giocattolo d’ingegno,
      Tra anafore, metafore, figure
      Varie di formalistico congegno

      E giochi marinistici e iatture
      Di prosastico dire: in tanto impegn
      Disperde il senso  delle sue scritture.

 

 

martedì 3 settembre 2013


 

                                       TREBBO POETICO
  A lato di una via raccolta e silenziosa del centro di Ravenna, si apre un piccolo spazio rettangolare, con in fondo un lato coperto da un portico di quattro colonnine , contrassegnato dalla scritta posta ad angolo: “Piazzetta del trebbo poetico”. Sotto questa scritta è riportata la seguente frase di Ungaretti del 1956: “Invenzione geniale della poesia italiana”.
   L’invenzione geniale era stata del veneto Comelli e del ravennate Walter Della Monica proprio nel 1956, nella vicina Cervia. L’invenzione consisteva in un incontro (trebbo) con ascoltatori, con il popolo, in cui appunto l’attore Comelli, sostenuto dallo scrittore Walter Della Monica, recitava le poesie dei maggiori poeti contemporanei, da Ungaretti a Quasimodo, da Montale a Saba.
   L’iniziativa ebbe successo, si affermò a Ravenna e si estese dalla Romagna a tutta l’Italia. Poi decadde. Finì nel 1960.
   I poeti storici, quelli della letteratura dei secoli passati, avevano dedicato e letto le loro poesie a principi e baroni loro protettori. La poesia era funzionale al sostegno e alla celebrazione del loro potere. Al principio del ‘900 era cambiata la struttura sociopolitica, e Trilussa, Pascarella e Di Giacomo recitavano le loro poesie nei teatri. Era il popolo a dare lustro e denaro ai poeti; e la poesia svolgeva una funzione drammaturgica alla pari delle forme teatrali vere e proprie. Poi tutto finì lì.
   Il trebbo poetico fu un tentativo di riportare la poesia al popolo e il popolo alla poesia. Non resse però al successo. Ormai il popolo aveva altro. Aveva i grandi comizi, le tribune politiche, la televisione e le altre diavolerie elettroniche. Quale funzione avrebbe ormai potuto svolgere la poesia?
   Nei tentativi di rivivificarla, i poeti hanno cercato di reinventarla, ma invece l’hanno  soffocata negli sperimentalismi. Nei loro tentativi hanno voluto anche sopprimere la strofe, la metrica e la rima, per affidarsi a una retorica esagerata ed esasperata della metafora. Così la poesia si è consunta, è diventata altra cosa da sé. Ha perso la sua natura perché ha perso la sua funzione. O forse ha perso la sua funzione perché ha perso la sua natura. Ci vuole altro per rifondarla, forse per recuperarla. Se possibile.