venerdì 25 gennaio 2019

         Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo


                                   C I R C E O

         Circe  la bella, l’arcana,
         Non ha più qui il suo antro,                                
Più non esercita qui
         Le sue arti malefiche
         Fra le alte rocce mirifiche
         Per spume aeree e murmuri
         D’inquiete onde marine.

         Ulisse la deluse
         Allor che infranse i sogni orditi
         Di dolcezze impossibili
         E diresse la prora,
         Guidato dalla sua scaltra ragione,
         Verso le grazie di Penelope,
         Che trame di certezze tesseva
         Sugli scogli d’Itaca cerulea.

         Noi fatti più astuti di lui
         Dissolto abbiamo Circe
         La maga, la bella, l’arcana;
         Nella nostra coscienza                               
Sospinta l’abbiamo                                                      
Oltre il nostro orizzonte,
         Oltre i confini della luce.
         Ed ora con prore veloci
         E i timoni sicuri della scienza
         Navighiamo l’oceano della vita
         Insensibili all’eco
         Del mistero che dentro ci tiene,
         Che intorno ci avvolge.

         Eppure qui ancora, su questi scogli
         Nella luce che nel mare si scioglie,
         Balenano agli occhi
         Arcani miraggi; e qui ancora
         Suoni celesti d’un vento sottile
         Sollecitano a interiori
         Prode d’incanto;
         Qualcosa in queste onde è rimasto
         Della mitica maga,
         Qualcosa in noi è rimasto
         Del suo mistero
         E degli antichi compagni d’Ulisse.


martedì 22 gennaio 2019



           Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo

                 CAMPOSANTO DEL MIO PAESE

            Camposanto silente del mio paese,
         Dove le ossa dei miei sepolte riposano
         E dove le mie la tomba non avranno,
         Da sempre ti ho in mente, luogo di mistero
         E di cipressi come funerei pennoni
         Protesi nell’azzurro.

         Già villa di patrizi antichissimi
         Per i cui atri ornati di colonne fastose
         Andavano matrone e festose ancelle danzavano
         Nel tedio dei ricchi, or nei ruderi sei
         Sepolcro di  poveri, posteri forse
         Di schiavi che un tempo leggero premevano
         Sulla pelle lo strigile nel bagno aulente
         Ai superbi padroni.

         Pur cambiano i tempi e ora ivi
         Le ossa di mio padre in una buca
         Di terra si macerano, perché tornino polvere
         In trionfo di vita, d’erbe fiorite e d’alberi,
         Di nidi, di canti, di voli d’uccelli
         Come egli in saggezza richiese.
         Ma lungo i viali sopra camere ornate
         D’antichi mosaici, sepolcri marmorei
         Dei nuovi arricchiti nomi e date riportano
         Illusi di vivere per sempre nel tempo,
         Per soltanto una scritta su un’urna di pietra,
         Inane custodia delle ossa fatte fragile
         Calcina nel fluire incessante del mondo.

         Così è che oltre i palazzi per i vivi
         Oggi si fanno quasi santuari le tombe per i morti;
         E i cimiteri sono città di defunti
         Che tetre avviluppano quelle alacri dei vivi.
         E’ così che il progresso che  è vanto moderno
         Gli uomini ha spinto a un luogo medesimo
         Per morire e per nascere di dentro a una clinica,
         A un’industria di nati e a una di morti,
         A città di defunti laddove potrebbe
         Per ciascuno bastare per dopo la morte
         Un’ampolla di cenere.

         Esiguo camposanto, m’attesti tu quanto
         Con le antiche rovine e le tombe recenti
         E’ vana pretesa arrestare il volgere del tempo
         Nell’illusione atavica di vivere oltre
         Il limite estremo degli eventi che segnano
         Il principio e la fine. Così come sei
         Ti guardo commosso col trepido                                  
Occhio non più fanciullo ma tenero ancora
         D’immagini antiche che affollano
           La memoria di suoni, delle voci di tanti
           Che conobbi e che vidi e che ora riposano                                     
           Nella tua terra  sepolti.
           Ti guardo silente, ma so che finché avrò vita
           Sarà solo il mio cuore di quelli che ho amato
         Camposanto fiorito.