lunedì 23 aprile 2012


UN MIO SONETTO PER IL 25 APRILE
                        AI   REVISIONISTI

            Voi amanti d’un perfido potere
            A noi tutti che fummo testimoni
            Di torture e di brute impiccagioni
            Lasciateci morire in miserere.

            Usando il vostro solito mestiere                               
            Farete poi le vostre revisioni                                               
            Confezionando storiche nozioni
            Nei libri poi stampate come vere.
            Fatta in frottole simili è la storia
            A tonde palle degli stercorari
            Prodotta dalle penne menzognere.
            A noi che abbiamo viva la memoria,
            Pazientando un po’, siamo ormai rari,
            Risparmiateci il falso in miserere.

   






domenica 22 aprile 2012


Un mio sonetto polemico
          IERI  E  OGGI        

Vogliamo dir cos’erano i poeti
Nei tempi dei signori e dei baroni?
Erano allora pifferi e tromboni
Al servizio dei nobili e dei preti.

Ora i magnati vogliono mansueti
Prosatori che svolgano missioni
In carta e video a tessere ragioni
Secondo gli interessi assai discreti.

Altro che carmi ed inni o poemetti!
Ci vogliono ora articoli ben chiari,
Scemenze varie moniti e fischietti

Da rifilare con modi solari
In momenti opportuni o maledetti
Per battaglie nel regno dei denari.   


sabato 21 aprile 2012

                             LA FUNZIONE DELLA POESIA  2
  Il sistema capitalistico-industriale segna il nostro tempo. Per il suo sviluppo, consolidamento e accumulazione del guadagno esso ha bisogno della tecnica e della deregolamentazione giuridico-amministrativa, indicata come liberalizzazione e che in ultima analisi si risolve in atteggiamenti individualistico-radicali. Per la sua affermazione non ha bisogno della cosiddetta cultura classico-umanistica. Tanto meno ha bisogno della poesia. Che cosa se ne possono fare le industrie e le banche delle emozioni e delle creazioni poetiche? Per l’acquisizione del consenso operativo, ad esse occorrono formule, insegne, slogan, grafici, linguaggi e immagini computerizzate, molto più efficaci delle figure che i pittori del Seicento dipingevano nelle cappelle di campagna  per piegare le coscienze delle popolazioni del contado al catechismo e alla paura delle fiamme dell’inferno propagandati dal concilio tridentino.
   Che se ne può fare il sistema capitalistico-industriale della poesia? Semmai esso può solo fornire la spinta a una cultura della deregolamentazione/liberalizzazione dei canoni poetici naturali, cioè a sciogliere quegli elementi specifici che distinguono la poesia dalla prosa, con il conseguente sfascio delle forme poetiche. Semmai esso può solo fornire la spinta, conseguentemente, verso la massificazione della produzione poetica con l’offerta della stampa a basso costo per trarne i suoi benefici e i suoi guadagni, senza curarne  una selezione di valore e disinteressandosi di una sua effettiva diffusione capillare. Nell’indifferenza per la dimensione culturale e per le diverse arti , anche visive - salvo qui eventuali investimenti per capitalizzazioni finanziarie - soprattutto nella noncuranza per quella che gli idealisti ancora nel Novecento indicavano come dimensione spirituale.
  In questo sistema la poesia non può che essere residuale, con buona pace di coloro che ancora la credono viva ed operativa nella cultura attuale, con distacco di intellettuali simili a sacerdoti di rito industrialbancario che officiano affaccendati nel dire il già detto in videocomparsate  e in pagine di nuvole aristofanesche.

sabato 14 aprile 2012

              altro mio epigramma
                 CIVILTA’  MODERNA

       La popolazione
      Promossa a popolo
      Fu carne da cannone;
      Or degradata a massa
      E’ mezzo di consumo e produzione:
      E’ tutta qua
      La grande storia della
      Moderna civiltà.






lunedì 9 aprile 2012


                                           LA FUNZIONE DELLA POESIA
   Anche ai semplici lettori mi pare che possa accadere di chiedersi quale sia la funzione della poesia. Porsene la domanda mi sembra invece necessario per chi abbia voglia di scrivere versi con consapevolezza delle ragioni, dei fini, degli strumenti e dei modi che  connotano la poesia.
   Certamente alla radice della scrittura poetica c’è l’esigenza primaria dell’espressione delle cariche emotive dell’uomo; esigenza che nei tempi oscuri della storia coincise col canto e con la musica, per cui si motivarono le misure dei versi, i loro ritmi e le strofe, facendo nascere la poesia come arte specifica.
   La poesia però non è solo espressività dei moti dell’animo. E’ anche strumento di comunicazione religiosa, come  negli inni sacri e nei salmi. Ed è anche, forse soprattutto, strumento di enunciazione e diffusione delle idee, di contenuti culturali, come con Lucrezio e Dante, di sviluppo e consolidamento delle idee nazionali e del potere, come con Virgilio e Orazio nell’antichità e come con Carducci più recentemente; di propaganda più o meno palese insomma.
   La  diffusione della poesia certamente era legata alle potenzialità della sua  memorizzazione  per effetto del ritmo, delle rime e delle strofe, che ne facilitavano anche l’apprendimento e la declamazione specialmente in tempi di analfabetismo strumentale, quando era cantata e recitata anche dai ceti popolari, persino nei paesi dei contadini.
   Le classi dirigenti che ne usufruivano come strumento di persuasione, di consenso e di potere, però già al principio del secolo scorso avevano trovato strumenti ben più efficaci e alternativi di comunicazione di massa nella stampa, nella radio e poi nel cinema, sia per la capillarità di diffusione sia per l’enorme capacità di coinvolgimento popolare.
   Ne pagò subito il prezzo  Rapisardi, osannato fino a pochi anni prima e oscurato e dimenticato subito dopo la morte. Ne fu poi testimone più ancora l’ermetismo, quando i poeti ormai erano  isolati ed emarginati dal mercato culturale.  Da allora la poesia à stata quasi espulsa dai cataloghi editoriali e si è limitata e racchiusa in un’esperienza solipsistica, in uno sperimentalismo parossistico, in un’ubriacatura della metafora. Quale può essere oggi la funzione della poesia così condizionata dai tanti nuovi linguaggi apparsi e ormai d’uso comune con lo sviluppo tecnologico e con la produzione dei nuovi mezzi elettronici? Quale nei tempi del cellulare, di Twitter e  di Facebook?
  Ce lo dobbiamo chiedere, se davvero vogliamo ancora utilizzare il linguaggio poetico con la consapevolezza che esso richiede.

 




















giovedì 5 aprile 2012

         ALTRO MIO SONETTO

  I politici parlano ai politici
  Ed i poeti parlano ai poeti,
  Ovunque i preti parlano coi preti,
  Ed i critici parlano coi critici.

  E questo avviene sin dai tempi mitici,
  In pace e in guerra, in chiese e minareti,
  Fuor dai palazzi e dentro le pareti:
  Gli uni e gli altri a capirsi sempre stitici.

  Fingono tutti ovunque di capire
      E di farsi capire; ed è il pensiero
  Un modo ch'è per dire e per non dire.

  Così è che la parola è velo al vero,
  Or per coprire ed ora per mentire
  Per egoismo e cuore non sincero.