giovedì 26 febbraio 2015

Pubblico qui di seguito la Premessa al volumetto  da me autoedito presso Youcanprint  POESIA E FORMA in cui ho raccolto i miei articoli pubblicati sul blog.
                                             PREMESSA
  Questi miei scritti sono tratti dal mio blog POESIA E FORMA,  su cui li ho pubblicati singolarmente di volta in volta. Mi pare opportuno parlarne qui brevemente per alcune considerazioni.
   Potrebbe sembrare del tutto inutile l’edizione cartacea dopo la loro pubblicazione on line . Ma i lettori del mio blog sono pochi; con l’edizione cartacea se ne potrebbe forse aggiungere qualcuno in più, anche se l’aumento dei lettori dipende non solo dalle potenzialità di diffusione, di una  o più edizioni, ma soprattutto dalla validità degli scritti, oltre che dall’interesse dell’argomento; cose che attengono del tutto al giudizio di chi legge.
  Potrebbe sorprendere negativamente il lettore la trattazione dell’argomento non strutturata secondo uno sviluppo lineare del discorso. Questi  scritti infatti hanno un loro ordine solo nella loro scansione cronologica, mentre l’argomento è affrontato rapsodicamente, di volta in volta, episodio per episodio, a seconda del mio momento psicologico e non secondo un quadro progettuale predisposto in prospettiva di una strutturazione logica del tema.
   Sono scritti molto brevi che possono essere anche considerati come spunti per una riflessione sul linguaggio poetico del nostro tempo, in cui la scienza e la tecnica hanno determinato un cambio di prospettiva del pensiero, del modo di essere e dell’agire dell’uomo. Un cambio così imprevedibile, imprevisto e rapido, che la poesia e l’arte trovano non poche difficoltà ad adeguarsi alla nuova realtà in continuo mutamento.
  Penso che la lettura di questi miei scritti possa almeno sollecitare qualcuno dei tanti giovani che oggi si accostano alla poesia a valutare la complessità dei modi, dei mezzi ed il rigore del linguaggio poetico, così come è per il linguaggio delle arti e della musica.
  In fondo essi dicono che la poesia ha una sua forma e una sua tradizione, di cui non si può non tenere conto, e a cui bisogna rimanere saldamente ancorati se si vuole che essa  prosegua a svolgere la sua funzione di nobilitazione  dell’animo dell’uomo e a fiorire in una umanità nuova che si annuncia non meno ferina di quella del passato.



lunedì 16 febbraio 2015


                                ANCORA SU ARTE E POESIA
   Dall’insegnamento nelle scuole a saper verseggiare all’imparare a pestare colori nel mortaio nelle botteghe. Così era in parallelo (si ricordi La partenza del crociato di G. Visconti Venosta). Dal comporre poesie e carmi occasionali per ogni evenienza (nascite, battesimi, matrimoni, morte e persino onomastici) alle committenze per ritrarre visi, immortalare figure, ritrarre vedute,  perché fossero visibili ovunque e non sparissero nel magma del caos delle dimenticanze, ma restassero nella tela per la memoria di figli, nipoti e posteri.
   Dalle rime, dai ritmi e strofe, che aiutavano anche gli analfabeti a memorizzarne l’ascolto e a tenere in mente concetti e narrazioni di eventi, alle tele che con figure e colori insegnavano al volgo la fede, le vite dei santi e la magnanimità dei nobili.
   Tutte funzioni prima alterate e poi cancellate dall’apparire delle macchine e delle nuove tecniche capaci di memorizzare e riprodurre immagini e scritture sempre più a buon mercato. Già, questioni anche economiche, o soprattutto tali: i principi marxiani s’infilano dappertutto, ove si vogliano veramente interpretare e comprendere i fatti umani nella storia.
   La diffusione delle macchine e delle nuove tecniche mette in moto anche la furia distruttiva del futurismo, per purificare il mondo anche con la guerra, concepita come “sola igiene del mondo”. Distruggere tutto per riedificare tutto. Alla radice, quindi a cominciare dalla forma. Distruggere il vecchio, l’esistente, col suo marciume, come in un fuoco purificatore.
  Purificare il mondo e creare una “poesia pura”, una “pittura pura”, un’”arte pura”. Giacché scarseggiava la committenza della nobiltà, questa ormai sostituita dalla borghesia. Senza  la committenza della borghesia che per sua natura preferisce il mercato, la macchina, la tecnologia.
  Dunque non il mercato, la contaminazione con la merce, ma la poesia pura e l’arte pura,  per togliere a ciascuna di queste attività umane ogni loro funzionalità, secondo la retorica dello spirito creativo dell’idealismo spontaneistico e volontaristico.
  Conati contro la realtà effettuale che si vendica. Con il passaggio dalla committenza al mercato. Dall’idea pura alla realtà mercificata. Poiché in agguato c’è il capitalismo (e ritornano  di nuovo i principi marxiani) che non può che ridurre tutto a merce per convertirla in denaro. Con il corollario che tutto è denaro e che, quindi, la poesia e l’arte non sono che denaro.