giovedì 7 novembre 2019


Pubblico qui di seguito queste mie composizioni  tratte
dal mio LETTERE BIGLIETTI E BIGLIETTINI
autoeditito con YOUCANPRINT

                             LA MORALE

       La morale, che un tempo
       Bella figliola fu della coscienza,
       Con l’aborto e la pillola
       Ora fatta è un prodotto della scienza.



                            RISPETTO
               
      Per rispetto dell’uomo                                                 
      Siamo giunti al rispetto per l’infame,
      Mancando di rispetto al galantuomo

                

             AD  UN  BUROCRATE
   
      Una firma e un timbro,
      La notificazione all’altro ufficio
      Nello stretto rispetto della norma,
      E in pace ti mette la coscienza.

      Ma quando morirai
      E l’angelo la carta avrà timbrato,
      Andrai bussando per le vie del cielo,
      Perché nessuno ti aprirà le porte:
      Per te l’angelo il timbro avrà sbagliato.



                     FASTI E NEFASTI

Come in dies fasti e nefasti, ancora oggi
Il popolo per saper quando è contento
Vuole un decreto                                                                         
Per farselo poi mettere di dietro.


                     DELITTO 

Qui giace ucciso il Bene
Assieme col Benfatto;
L’Occhei fu il barbaro autore
Dell’orrido misfatto.


giovedì 28 febbraio 2019


          Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo

                        ORA A TE RITORNO
        
            Ora a te ritorno, dolce mia terra,
         Quando la mano antica del padre
         A fatica distoglie gli sterpi invadenti
         E quasi più non riesce a tirar dritte le viti,
         A segare i nodosi rami degli ulivi.

         Quando da te mi allontanai,
         Quasi empio figlio da madre, non sapevo
         Che amore grande perdevo,
         Che ricchezza di vita mi lasciavo.
         Allora acre io ti sentivo e nemica
         E piansi sulle tue zolle;
         Ma tu con trifogli e cento erbe fiorite
         M’avviluppavi di profumi e di tenerezza:
         Matrigna mi sembrasti
         E madre amorosa m’eri.

         Allora io non sapevo
         Quanto in questo mondo
         Rimpicciolito nel giorno dell’uomo
         Ognuno rimane legato
         Ove aprì il cuore alla luce;
         Io non sapevo che barbe profonde
         Avessi messo in questo lembo di terra
         E non sapevo quanto
         Le mie foglie dell’anima
         Vibrassero a questo azzurro di cielo.                  
                                                                                    
            Ora so: tuo albero sono
         Che tu di linfa vitale nutrisci
         E negli uragani della vita sorreggi,
         Albero sono che spazia a questo orizzonte
         E beve assetato luce di questo sole.
         E innumeri radici ti affondo nel grembo,
         Con aeree fronde innalzo i tuoi canti
         Al tuo cielo d’uccelli fiorito.

         E bacio le tue erbe ed ecco ritrovo
         Nelle mie mani le fresche rugiade
         Delle inconsce letizie fanciulle,
         Con te gioisco memore dei giorni
         Che il tempo nel cuore sublima
         Oltre un mondo cui dolce sorrido
         Dopo gli antichi rancori                                      
         E i giovanili contrasti,
         Con te vivo e rinasco                                          
         Ad ogni mutar di stagione.






martedì 12 febbraio 2019


            Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo
 
                VACANZE  A  FORMIA

            A questo quieto golfo
         Io vengo dove Mamurra apprestava
         Ville sfarzose per ozi solari,
         E i ricchi patrizi romani
         Gustavano grasse murene
         E triglie dai mille riflessi di luce
         Che dalla piscine saltavano
         Dritte in padella per ghiotti palati.

         Qui odierni  ricchi ricerchino                              
          Una mensa di spigole e saraghi.
         Col magro portafoglio di docente
         Io mi pago un risotto di mitili e squille
         E un muggine arrosto:
         Me ne appago e sopra ci bevo
         Due sorsi di bianco vinello.
         Come antico patrizio
         Sazio mi sento qui in villa felice
         Per quiete benefica.
        
            Così degli antichi, dei nuovi magnati
         E dei problemi del vivere,
         Che sempre rodono il fegato
         D’un povero cristo,
         Per un giorno mi rido
         Col senso di chi può godersi
         Un buon piatto ed un cielo sereno
         Ed un mare tranquillo che niente mi costa  
         Fino a  che qualcuno non avrà
         L’arroganza d’imporre un balzello
         Anche su questo respiro di brezza
         O su quest’ampia visione di cielo.



martedì 5 febbraio 2019




           Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo


        LUNGOMARE CABOTO A  GAETA
                                                                          
           Per  Lungomare Caboto deambulo
         Ed a passi ed a pause
         Misuro il mio esistere
         Su trame d’immagini e voci
         D’indizi che a me  intorno
         Non appena s’intravedono
         D’un subito svaniscono:
         L’ala del bianco gabbiano
         Che vira distesa
         A specchio dell’acqua mai quieta,
         La mano d’illuso fanciullo
         Che tremula tira  la docile lenza,
         Una barca che tocca la proda
         Al tonfo leggero del remo.

         E solo per attimi
         In questi segni che neanche turbano
         La trasparenza dell’aria
         Prende senso la vita e si dilata
         Come questo mare che si perde  nella luce
         E sciaborda sulla riva:
         Forse mai nascemmo oltre questi
         Fuggevoli moti d’ombre e di luci,
         Forse da sempre viviamo col cuore in deriva
         Nell’abisso del tempo
         In questa quiete ineguale
         Che un vento sottile
         Aggruma nell’eco di un istante.                         
                  


sabato 2 febbraio 2019


             Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo

                                CIPPI  A   FORMIA

         Nella Formia romana
         Un suo funebre cippo
         Per meriti asseriti
         Ebbe Varronio con pubblico denaro;
         Bruzio uno per sé ne volle
         Pagato di sua  tasca:
         E con un’epigrafe scolpita
         Egli tenne a farcelo sapere
         Protestando la propria probità.

         Ora d’ambedue non restano
         Che incise parole
         E non sapremo mai
         Chi di loro fu più onesto;
         Ma un sorriso ci affiora
         A quella loro fede
         Di vivere evocati
         Alla memoria dei posteri
         Per solo un nome scritto su una pietra.

         Altri oggi vediamo in morte astuti
         Riscattarsi alla memoria dei vivi
         Con santuariali sepolcri
         Ed epitaffi solenni
         Che sono solo segni d’insulsa superbia
         E miseria dell’uomo:                                
         Dopo millenni,
         Certamente di Bruzio e Varrone      
         Noi oggi non siamo migliori.                                    


venerdì 25 gennaio 2019

         Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo


                                   C I R C E O

         Circe  la bella, l’arcana,
         Non ha più qui il suo antro,                                
Più non esercita qui
         Le sue arti malefiche
         Fra le alte rocce mirifiche
         Per spume aeree e murmuri
         D’inquiete onde marine.

         Ulisse la deluse
         Allor che infranse i sogni orditi
         Di dolcezze impossibili
         E diresse la prora,
         Guidato dalla sua scaltra ragione,
         Verso le grazie di Penelope,
         Che trame di certezze tesseva
         Sugli scogli d’Itaca cerulea.

         Noi fatti più astuti di lui
         Dissolto abbiamo Circe
         La maga, la bella, l’arcana;
         Nella nostra coscienza                               
Sospinta l’abbiamo                                                      
Oltre il nostro orizzonte,
         Oltre i confini della luce.
         Ed ora con prore veloci
         E i timoni sicuri della scienza
         Navighiamo l’oceano della vita
         Insensibili all’eco
         Del mistero che dentro ci tiene,
         Che intorno ci avvolge.

         Eppure qui ancora, su questi scogli
         Nella luce che nel mare si scioglie,
         Balenano agli occhi
         Arcani miraggi; e qui ancora
         Suoni celesti d’un vento sottile
         Sollecitano a interiori
         Prode d’incanto;
         Qualcosa in queste onde è rimasto
         Della mitica maga,
         Qualcosa in noi è rimasto
         Del suo mistero
         E degli antichi compagni d’Ulisse.


martedì 22 gennaio 2019



           Riporto qui di seguito questa  poesia tratta
            dalla mia raccolta SCORCI edita  da
           Vitali Editrice in Sanremo

                 CAMPOSANTO DEL MIO PAESE

            Camposanto silente del mio paese,
         Dove le ossa dei miei sepolte riposano
         E dove le mie la tomba non avranno,
         Da sempre ti ho in mente, luogo di mistero
         E di cipressi come funerei pennoni
         Protesi nell’azzurro.

         Già villa di patrizi antichissimi
         Per i cui atri ornati di colonne fastose
         Andavano matrone e festose ancelle danzavano
         Nel tedio dei ricchi, or nei ruderi sei
         Sepolcro di  poveri, posteri forse
         Di schiavi che un tempo leggero premevano
         Sulla pelle lo strigile nel bagno aulente
         Ai superbi padroni.

         Pur cambiano i tempi e ora ivi
         Le ossa di mio padre in una buca
         Di terra si macerano, perché tornino polvere
         In trionfo di vita, d’erbe fiorite e d’alberi,
         Di nidi, di canti, di voli d’uccelli
         Come egli in saggezza richiese.
         Ma lungo i viali sopra camere ornate
         D’antichi mosaici, sepolcri marmorei
         Dei nuovi arricchiti nomi e date riportano
         Illusi di vivere per sempre nel tempo,
         Per soltanto una scritta su un’urna di pietra,
         Inane custodia delle ossa fatte fragile
         Calcina nel fluire incessante del mondo.

         Così è che oltre i palazzi per i vivi
         Oggi si fanno quasi santuari le tombe per i morti;
         E i cimiteri sono città di defunti
         Che tetre avviluppano quelle alacri dei vivi.
         E’ così che il progresso che  è vanto moderno
         Gli uomini ha spinto a un luogo medesimo
         Per morire e per nascere di dentro a una clinica,
         A un’industria di nati e a una di morti,
         A città di defunti laddove potrebbe
         Per ciascuno bastare per dopo la morte
         Un’ampolla di cenere.

         Esiguo camposanto, m’attesti tu quanto
         Con le antiche rovine e le tombe recenti
         E’ vana pretesa arrestare il volgere del tempo
         Nell’illusione atavica di vivere oltre
         Il limite estremo degli eventi che segnano
         Il principio e la fine. Così come sei
         Ti guardo commosso col trepido                                  
Occhio non più fanciullo ma tenero ancora
         D’immagini antiche che affollano
           La memoria di suoni, delle voci di tanti
           Che conobbi e che vidi e che ora riposano                                     
           Nella tua terra  sepolti.
           Ti guardo silente, ma so che finché avrò vita
           Sarà solo il mio cuore di quelli che ho amato
         Camposanto fiorito.