martedì 19 marzo 2013


Pubblico qui il seguente sonetto tratto
dalla mia raccolta VERSI SATIRICI edito
recentemente da Booksprint.

             GUARDIE SVIZZERE            

 Che so’ ste guardie a strisce de colore,
Che ciànno l’elmo in testa e l’alabarda?
Se ciavessero pure la coccarda
Ce farebbero ancora più splendore!

So’ le guardie che il papa cià pe’ onore;
Un tempo era la truppa più gagliarda
Armata de stiletto e de spingarda,
Ognuno d’essi estremo difensore.

Ma non ciaveva Cristo l’asinello
Col bue dentro la grotta ed il calore
Della paglia e del fiato, poverello?

Ora il suo servo invece cià il mantello
D’oro, le guardie svizzere  d’onore
E il brillante de prezzo nell’anello!

Lo diceva davvero il gran dottore
Che s’arricchiscono i servi e miserello
Pian piano ce diventa il bon signore!

mercoledì 13 marzo 2013

Ultimi tre sonetti di "Linguaggi" del mio
VERSI SATIRICI edito da Booksprint.
                
                        V          
 Ma che! Te dicono cross, poi ancora
 Dicono targhet, tichet inframmessi
 A vari gossip messi alla bonora,
 Sicché a capire ce se resta fessi.

 Non vedi che non è tempo d’allora
 Quando i dialetti davano riflessi
 Come perle alla luce dell’aurora
 E invece mo svaniscono dismessi ?

 Prendiamo per esempio la tivù
 E il guazzabuglio che a parlare c’è,
 Prova a raccapezzartece un po’ tu;

 Vai in un bus, al mercato, in un caffè,
 Vedi un po’ se ce puoi capire più
 Con l’interprete bono o a fa’ da te.
                                             
                            VI
E invece c’è il leghista che s’ostina
Sul dialetto a fa’ la buggerata
De farlo lingua come baggianata,
Con intenzione invero bagarina.

Se mette il dialetto alla fucina
Della scuola de Stato sgangherata
E nell’intestazione raddoppiata
D’una strada o veduta in cartolina.

E tutto questo quando tutto il mondo
Se fa paese piccolo e le lingue
Ce se studiano tutte a tutto tondo,

I popoli se frullano e s’estingue
Ogni confine dentro il mappamondo,
Capendoci l’un l’altro in mistilingue.
              
                             VII
Perciò io scrivo proprio come in giro
Oggi se parla, pure alla  TiVù,                                                            
E così io ce scrivo con la biro,
Ce dialogo, ce faccio un po’ il frufrù.

 Con questo civilese io m’ispiro,
 Me ce diverto in mezzo alla tribù,
 Me ce sfogo la bile e ce respiro,
 Me la rido e c’irrido col cucù.

 E ce vada la lingua alla bonora
 In questo mondo ormai globalizzato,
 Col dialetto andato alla malora;

 Col burino che parla  in letterato
 E il dotto che ce parla alla fattora,
 L’eloquio che cianfruglia l’immigrato
                      
 Con questo civilese scrivo ognora                       
 Quando me ce diverto spensierato,
 Per cui così me piace e me rincora.