domenica 16 novembre 2014

ANCORA SU ARTE E POESIA

  Arte e poesia esprimono con modi e mezzi diversi la medesimo cultura, il medesimo spirito del tempo, il carattere della stessa temperie che anima la storia; e questa anche da esse prende forma e consistenza.
  Così è stato per lunghissimo tempo, e ancora così sembra nel nostro mondo in cui scienza e tecnica  hanno espresso e determinato un nuovo modo di agire ed anche un nuovo modo di essere dell’uomo.
  Le nuove tecniche adottate dall’uomo hanno scompigliato e confuso le prospettive e le tendenze della creatività sin dal tempo della macchina fotografica, soprattutto per quanto riguarda l’arte.
  Scienza e tecnica hanno influito profondamente sulla creatività sia con i loro metodi, sia con i loro risultati, perché hanno determinato forti rivolgimenti nella cultura,  con le loro spinte verso la ricerca e la sperimentazione, con le loro macchine impiegate nella produzione, nella navigazione marittima e nel volo dell’uomo, nella mobilità e nella comunicazione.
  Hanno prodotto una rivoluzione nelle prospettive dell’agire dell’uomo e le cui ripercussioni hanno sollevato interrogativi sui modi e sugli strumenti  sia nell’arte che nella poesia, con conseguenti risposte d’avanguardia, specialmente in quella del futurismo.
  Ricerche e sperimentazioni esasperate sembrano animare la dimensione artistico-letteraria, anche come riflesso di interrogativi e proposte sul piano sociopolitico, i cui risvolti incontrollabili hanno originato sommovimenti fino a contribuire incisivamente  al determinarsi  dei terrificanti baratri dell’umanità con le due guerre mondiali.
  Ricerche e sperimentazioni esasperate  e affondate in uno scetticismo, che sfociano quasi in un furore distruttivo, in una negazione del futuro nelle   forme ed espressioni dell’arte: i tagli, le decontestualizzazioni, le installazioni, la merda d’artista. Sembra che vi siano due arti, una per il vecchio mondo e l’altra per il nuovo, che nasce e si sviluppa fra sconvolgimenti, lutti, violenze indicibili.

domenica 9 novembre 2014


                                POESIA ARTE E SPIRITO DEL TEMPO
  La poesia e le arti sono come sorelle che camminano a braccetto guardandosi negli occhi. Sorelle che manifestano reazioni a seconda della loro natura, ma che esprimono sempre lo spirito del loro tempo, di cui si nutrono e di cui rivelano sensibilità estetiche e problemi profondi dell’uomo.
  Sono come sorelle che hanno sempre una bellezza nuova, ognuna per la peculiarità che le è propria; una bellezza nuova ad ogni passo nel loro cammino, passato e futuro. Ma anche una verità sempre nuova che solo esse sanno scoprire e solo esse sanno dire, suscitare e rivelare dentro di noi.
  Bellezza e verità che hanno un’unica origine: la cultura del tempo, di cui esse sono figlie. Ecco perché come sorelle e  figlie dello spirito del tempo si riconoscono nell’attività del pensiero; come in passato con l’influenza della filosofia aristotelica per l’armonia e l’equilibrio delle forme, con l’influenza della filosofia platonica per la ricerca della bellezza ideale; come nel più recente passato con l’influenza delle nuove scienze, specialmente col freudismo e con le varie teorie psicologiche dell’ultimo secolo.
  Si disse  ut pictura poesis, ut pictura philosophia. Infatti la poesia e le arti non sono e non possono essere avulse dalle forme del sapere, della conoscenza e della coscienza critica, ma sono in comunione di spirito con le riflessioni  filosofiche, con i sentimenti della storia, con la sensibilità per le ricerche scientifiche e le realizzazioni tecnologiche.
  Non  possono perciò che nutrirsi dello spirito del tempo, con le radici  nel passato e nella cultura; con l’attenzione al presente per poi esprimerlo ciascuna nei modi e con  i mezzi propri, pur sempre collegati ai modi e alle forme di tutte le altre. E tutte oggi risentono dello spirito del nostro tempo: lo spirito tecnologico che,  impetuoso e travolgente, quasi ne soffoca e ne distorce l’espressione e persino la natura.
  Spirito del nostro tempo identificabile nello spirito d’innovazione innervato nelle nuove tecnologie, che sopravanzano quelle scienze da cui esse stesse derivano e  si sviluppano. Spirito del nostro tempo che tende esso stesso a porsi come spirito tecnologico. Uno spirito che imprime scatti e scarti anche alle arti e alla poesia, con conseguenti disorientamenti e forme confuse nel veloce sopravanzare delle dinamiche innovative.
  Per uscire dai disorientamenti le arti sono ricorse a sperimentazioni esasperate, paradossali e distruttive delle forme, fino ad escogitare le cosiddette decontestualizzazioni, concettualizzazioni, composizioni modulari, accumulazioni e tagli, virtuosismi formali, astrazioni e performance: una corsa alla ricerca dell’originalità e dell’unicità dell’opera, per superare la linea di un’immaginaria morte dell’arte,  per  sfuggire comunque al manufatto tecnologico ripetitivo e moltiplicabile all’infinito.
  Ma anche una corsa disperata dentro l’irrazionalità che il pensiero nelle sue varie forme, prima quella filosofica, non riesce a contenere di fronte al debordare nel vuoto “senza senso” e nella pura provocazione, come nell’orinatoio di Duchamp, come nel taglio della tela di Fontana, come nel “barattolo” di P.Manzoni e nei sacchi bruciati di Burri.
  Questo è  per l’arte, che deborda nella provocazione; e la provocazione stessa diventa oggetto di mercato. Un mercato che la fa sua come merce e la paga come originalità, unicità della creazione, al di là dalla forma, dal gusto e dal buongusto.
  Perciò l’arte, la vecchia arte, prova a resistere alla tecnologia, almeno finché non prenderanno forma d’arte le avveniristiche creazioni tecnologiche secondo i gusti del nuovo spirito del tempo.
  Ma non è così per la poesia, che non ha più mercato, non può essere merce in un processo in cui la parola si conferma non riducibile a forme strane e irrazionali. Non per sua dignità, poiché è stata sempre mercificata nella storia. Ma perché affoga in un mare di parole senza più valore, in quanto  priva di un contenuto cui dare forma: non può essere più poema, né tragedia, né ecloga, né satira, né ditirambo, né ode, né carme.
  Non ha una sua materialità mercificabile. E’ immateriale e volatile nella sua consistenza formale e comunicativa. E’ solo spiritualità irriducibile alla manipolazione speculativa.
  E’ solo destinata a chiudersi in un suo bozzolo con la remota e aleatoria speranza che un giorno possa ancora mettere le ali per volare in un mondo meno dissonante di quello odierno.