Riporto qui di seguito una poesia tratta dal
mio SCORCI edita con l'editore Vitali.
A FORMIA
Se gli occhi non avessi io aperti
All’azzurro, là dove piacerebbe
A me morire per sentirmi vivo
Ancora nelle linfe delle palme
Perlacee degli ulivi e nel candore
Dei ciliegi fioriti allo zefiro,
O Formia, qui mi sarebbe piaciuto
Nascere e vivere, in questa equorea
Tua chiarità, che si distende e approda
Con le docili onde
alle radici
Dei tuoi monti, alti per scogli celesti.
Come un golfo si schiude la mia terra
E lontana si stende come un mare
Nell’aereo ondeggiare
di dolcissime
Colline, che al Tevere sinuoso
Ed a Roma digradano azzurrine:
Declivi verdi che per spazi ceruli
Senso di pace danno e d’infinito.
Di là memorie di
conchiglie fossili,
Di murmuri lontani
d’onde quiete
In echi primigeni del mio inconscio
Forse a te mi sospingono e a richiami
D’ere remote; e in te mi trovo come
Maternamente accolto in dolce grembo;
E in te, risalendo il tempo quale
Silente corso d’un antico fiume,
M’abbevero insaziabile di luce.
O Formia divina, approdo di premevi
Mitici naviganti, ai quiriti
D’ozi fecondo e celebre soggiorno!
A te qui corro ogni anno per le ferie
Che lo Stato concede e la mia
povera
Tasca permette a raddolcirmi il cuore.
E qui, su questo golfo, ove paranze
Sembrano navigar come trireme
Ai lidi d’un tempo sconfinato,
Vivo un breve spazio del mio esistere
Dentro una quieta e provvida natura,
Che nella sua bellezza ancor dissolve
Nuove brutture delle cose umane.
O Formia, se non avessi i miei occhi
Aperti sulle verdi
mie colline,
Qui nell’azzurra tua terra di quiete
Mi sarebbe piaciuto aver la vita
E respirare il cielo tuo di mare.