LA POESIA
POLITICA E CIVILE
LA BALLATA
PER CASERIO
In questi
giorni mi è capitato di leggere la “BALLATA PER CASERIO”, composta da Pietro Gori, avvocato e poeta anarchico
(Messina 1865 / Portoferraio 1911) in cinque ottave di endecasillabi a rime
baciate, di cui riporto la prima e la penultima strofa qui di seguito.
E’ evidente che
qui l’intento del Poeta non è quello
dell’impiego di mezzi stilistici per la creazione di un’opera letteraria fine a
se stessa, ma quello di toccare efficacemente l’emotività più profonda
dell’animo popolare, per
risvegliare la coscienza di una dignità giudicata vilipesa dallo
sfruttamento di classe e dalle costrizioni oppressive del potere.
Si tratta, quindi, di una composizione a carattere
politico e civile e, sicuramente, anche
di carattere popolare. La morte per
ghigliottina di Sante Caserio è insomma l’occasione per diffondere e rinsaldare
le speranze rivoluzionarie degli
anarchici, mediante la celebrazione dell’atto vindice con cui
il ventenne Caserio uccide Carnot e si sacrifica, a sua volta, affrontando la ghigliottina, per gli ideali
libertari e di giustizia sociale dell’anarchismo.
I
Lavoratori
a voi diretto è il canto
di questa mia canzon che sa di pianto
e che ricorda un baldo giovin forte
che per amor di voi sfidò la morte.
A te Caserio ardea nella pupilla
delle vendette umane la scintilla
ed alla plebe che lavora e geme
donasti ogni tuo affetto ogni tua speme……….
di questa mia canzon che sa di pianto
e che ricorda un baldo giovin forte
che per amor di voi sfidò la morte.
A te Caserio ardea nella pupilla
delle vendette umane la scintilla
ed alla plebe che lavora e geme
donasti ogni tuo affetto ogni tua speme……….
IV
Ma il dì
s'appressa o bel ghigliottinato
che il tuo nome verrà purificato
quando sacre saran le vite umane
e diritto d'ognun la scienza e il pane.
Dormi, Caserio, entro la fredda terra
donde ruggire udrai la final guerra
la gran battaglia contro gli oppressori
la pugna tra sfruttati e sfruttatori…………….
che il tuo nome verrà purificato
quando sacre saran le vite umane
e diritto d'ognun la scienza e il pane.
Dormi, Caserio, entro la fredda terra
donde ruggire udrai la final guerra
la gran battaglia contro gli oppressori
la pugna tra sfruttati e sfruttatori…………….
Oggi
questi canti e ogni altra poesia politica e civile sono affievoliti, obnubilati
e quasi scomparsi nella coscienza popolare. Come sono affievoliti o scomparsi
gli ideali che li avevano ispirati.
Il materialismo esasperato del sistema
liberalborghese non ammette sviamenti o distrazioni dai suoi scopi essenziali:
il denaro e la supremazia dell’individuo all’interno di una competizione che
potremmo dire darwinistica.
Non c’è posto per uno spirito di comunità,
anzi cè la comunità stessa che si disgrega nella competizione selvaggia e
parossistica. In questa temperie non può
nascere più una poesia politica e civile, la cui natura presuppone
l’espressione dell’anima di una comunità, nella vita di un esaltante o comunque
significativo momento storico.
Oggi non può esservi più una poesia così
intesa, se non come esercizio retorico individuale. Senza uno spirito di comunità l’azzardo della creazione di
una composizione di poesia politico-civile da parte di un poeta può rimanere
solo come voce nel deserto, solo come esercizio retorico: il poeta può lanciare
il suo messaggio, ma non c’è una comunità che l’ascolta e lo fa proprio, poiché
ci sono solo individui tesi alla competizione per un interesse materialistico,
per il guadagno.
Si vive in
condizioni competitive permanenti, in cui ognuno prova a contendere con l’altro, in cui chi si
arricchisce emargina l’altro e tende a ridurlo a “scarto sociale”: lo ha detto
anche papa Francesco, che recentemente ha esplicitamente condannato la “cultura
dello scarto”. Una cultura dello scarto non può che disgregare la comunità e liquefarne lo spirito; può
anche indurre la società a produrre una miriadi di poeti,
che però possono essere solo lettori di se stessi, e ridotti ad essere “voce
nel deserto”.
Si sta producendo
una società in cui tutti sembrano monadi racchiuse nel bozzolo del proprio
mondo senza finestre. Tutti aggrappati semmai a quella rete dell’etere, che con
le sue tecnologie di un mondo
immateriale parrebbe incentivare una fitta socializzazione, ma che è solo un mondo
virtuale in cui tutti, individualmente e
isolatamente, si tengono uno per uno non come persone o cittadini, ma solo come
figure irreali in un gioco di luci e di ombre
Di certo questo non
può essere un mondo per la poesia, tanto meno per la poesia politica e
civile.