giovedì 16 aprile 2015

                         ARTE  POESIA  SOCIETA’

  La riflessione sui sommovimenti profondi e dirompenti dell’arte e della poesia nel primo Novecento mi pare che richieda anche opportuna attenzione ai mutamenti delle strutture sociali di quel tempo. E ciò per uno sguardo più comprensivo della complessità delle sollecitazioni all’origine dei mutamenti  non solo delle forme, ma anche  dei concetti stessi di arte e di poesia.
  Infatti, se si mette in rilievo l’influenza delle innovazioni tecnologiche e scientifiche sul cambiamento del mondo artistico e poetico, specialmente in rapporto allo sviluppo e alle applicazioni delle nuove macchine, della psicologia sperimentale e della psicoanalisi, mi pare opportuno che non sia pure da trascurare il momento storico in cui, proprio per effetto della rivoluzione industriale e  tecnologica, si configura e si manifesta la società di massa. E, di conseguenza, che non sia da trascurare l’influenza della stessa società di massa sugli stili e quasi anche sulla natura stessa dell’arte e della poesia, o, comunque, sulla manifestazione delle loro forme e sulla loro funzione.
  La vecchia società strutturata sull’economia di rendita, cioè quella clericonobiliare, aveva fatto fiorire per secoli l’arte mediante le committenze, e aveva protetto e coltivato la poesia nelle corti piccole e grandi in funzione del consolidamento del potere.
  La nuova società di massa, che nasce dal processo di industrializzazione nel corso dell’Ottocento e si fonda sull’economia d’impresa, si sviluppa e si consolida mediante il mercato. E’ evidente che il passaggio dalla società clericonobiliare a quella di massa produce  sommovimenti anche sul piano culturale e in modo specifico sull’arte e sulla poesia.
   Infatti nella nuova società di massa l’arte  non viene più sostenuta dalle committenze, sicché essa, per la sua stessa esistenza, è costretta a gettarsi in pasto al mercato.  Così l’artista sente mercificato e snaturato il prodotto della sua arte, che avverte ormai come  pari a qualsiasi altro manufatto. Sente svuotata e svilita la sua opera creativa, per cui reagisce a ciò che sente come mortificazione. Per protesta,  non crea più l’opera, ma la mutua nel campo dell’arte da ciò che è già fatto e che è posto dall’industria sul mercato, cioè “delocalizza, decontesta” . Duchamp addirittura rifiuta l’arte tradizionale che chiama “pittura retinica” e decontesta  la ruota di bicicletta e l’orinatoio, iniziando così l’arte concettuale. Poi si arriva  al confezionamento del barattolo di  “Merda d’artista” con Manzoni e al taglio della tela con Fontana.
  Insieme con l’arte, anche la poesia si destruttura specialmente col futurismo; l’una e l’altra  cercano una nuova sintassi delle  forme con cui esprimersi. Ma sia la poesia che l’arte hanno ormai rotto molti ponti con cui rimanere collegate al passato. Nella società di massa  e del mercato, l’arte è sempre più tentata dalla “provocazione” e la poesia è sempre più tentata dal suo isolamento nella metafora. In attesa che l’una e l’altra possano ritrovare un proprio equilibrio nella riscoperta dell’integrità dell’uomo anche in rapporto all’integrità del mondo della natura ed anche di quello della cultura..



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