martedì 21 maggio 2013

COME ERANO


Il desiderio espresso da papa Francesco di una chiesa povera e per i poveri mi ha richiamato in mente questo sonetto del Belli, il sesto di ER COLLERA MORIBUS, uno dei suoi più spietatamente mordaci, scritto in occasione del colera a Roma nel 1835.

Eh! A che serveno mai tanti conforti?
E’ ita pe’ noantri disgrazziati.
Sapete chi hanno fatti deputati
Si ir collèra vierà? Primoli e Torti.
 
Questi tra loro se so’ già accordati
Che la povera gente se straporti
Ar lazzaretto, indov’escono morti
Tutti quelli che c’entreno ammalati.

E li ricchi staranno in ne l’interno
De casa loro, curati e assistiti
Da un medico e un piantone der Governo.

Oh annate a crede ch’er Vangelo poi
Abbi torto, dicenno all’arricchiti:
Vè vobbisis, cioè beati voi!

                       (16 agosto 1835)

    In sostanza, dice il Belli, fu deciso che gli ammalati appartenenti alla gente comune fossero obbligatoriamente trasportati in isolamento nel lazzaretto e i nobili e i ricchi, invece, fossero curati nelle loro case dai loro medici. Sicché il Belli fa dire sarcasticamente al popolano che parla in questo sonetto: Poi andate a credere al Vangelo che dice “guai ai ricchi!”!
    Allora il Belli, i romani e il Papa erano nel 1835! Era la Roma dei papi, la Roma dei cristiani, dei cattolici. Era il tempo in cui comandava a Roma e nello Stato della Chiesa papa Cappellari, Gregorio XVI.
    E oggi, oggi dopo che con la Costituzione repubblicana abbiamo conquistato il diritto alla salute ed è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale? Oggi il popolino va nei corridoi delle corsie ospedaliere sovraffollate, invece i ricchi se ne vanno nelle cliniche private, spesso sovvenzionate proprio dal SSN! E’ come nel 1835? No! Quasi. Non per colpa dei ricchi, ma per colpa di quelli che prendono i voti dai poveri e tradiscono i poveri; e per colpa dei poveri che votano perché i ricchi siano ricchi.
    Forse c’è un barlume di speranza con questo Papa: non perché prenda provvedimenti, ma perché potrà dare esempi! Sul piano dell’umanità, non su quello dei diritti. Per senso di carità e misericordia, non per obblighi di legge.
    Infine mi chiedo: E’ possibile oggi una poesia così significativamente sociale, civile, umana, com ‘è questa del Belli? Perché la poesia odierna deve essere così solipsistica, così avulsa dalla drammaticità della vita?

 

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