lunedì 16 febbraio 2015


                                ANCORA SU ARTE E POESIA
   Dall’insegnamento nelle scuole a saper verseggiare all’imparare a pestare colori nel mortaio nelle botteghe. Così era in parallelo (si ricordi La partenza del crociato di G. Visconti Venosta). Dal comporre poesie e carmi occasionali per ogni evenienza (nascite, battesimi, matrimoni, morte e persino onomastici) alle committenze per ritrarre visi, immortalare figure, ritrarre vedute,  perché fossero visibili ovunque e non sparissero nel magma del caos delle dimenticanze, ma restassero nella tela per la memoria di figli, nipoti e posteri.
   Dalle rime, dai ritmi e strofe, che aiutavano anche gli analfabeti a memorizzarne l’ascolto e a tenere in mente concetti e narrazioni di eventi, alle tele che con figure e colori insegnavano al volgo la fede, le vite dei santi e la magnanimità dei nobili.
   Tutte funzioni prima alterate e poi cancellate dall’apparire delle macchine e delle nuove tecniche capaci di memorizzare e riprodurre immagini e scritture sempre più a buon mercato. Già, questioni anche economiche, o soprattutto tali: i principi marxiani s’infilano dappertutto, ove si vogliano veramente interpretare e comprendere i fatti umani nella storia.
   La diffusione delle macchine e delle nuove tecniche mette in moto anche la furia distruttiva del futurismo, per purificare il mondo anche con la guerra, concepita come “sola igiene del mondo”. Distruggere tutto per riedificare tutto. Alla radice, quindi a cominciare dalla forma. Distruggere il vecchio, l’esistente, col suo marciume, come in un fuoco purificatore.
  Purificare il mondo e creare una “poesia pura”, una “pittura pura”, un’”arte pura”. Giacché scarseggiava la committenza della nobiltà, questa ormai sostituita dalla borghesia. Senza  la committenza della borghesia che per sua natura preferisce il mercato, la macchina, la tecnologia.
  Dunque non il mercato, la contaminazione con la merce, ma la poesia pura e l’arte pura,  per togliere a ciascuna di queste attività umane ogni loro funzionalità, secondo la retorica dello spirito creativo dell’idealismo spontaneistico e volontaristico.
  Conati contro la realtà effettuale che si vendica. Con il passaggio dalla committenza al mercato. Dall’idea pura alla realtà mercificata. Poiché in agguato c’è il capitalismo (e ritornano  di nuovo i principi marxiani) che non può che ridurre tutto a merce per convertirla in denaro. Con il corollario che tutto è denaro e che, quindi, la poesia e l’arte non sono che denaro.

 

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