domenica 3 febbraio 2013


                       TORNANDO SULLA FUNZIONE DELLA POESIA
   Tralasciamo gli infiniti poeti dilettanti, che straripano on line  e sul cartaceo, autostampati e autoediti. Sono certamente un bene. Come erano un bene gli innumerevoli poeti-cantori e poeti a braccio in ottava rima, che pullulavano nelle osterie e nelle campagne dei secoli scorsi.
  Il massiccio numero dei poeti non costituisce un problema. Non inquina  né altera, come forse potrebbe sembrare a uno sguardo superficiale, la produzione poetica del nostro tempo; così come non aveva alterato quella dei secoli scorsi.
   Costituisce un problema, invece, la permanenza o meno delle funzioni della poesia nel mondo odierno. Perché ci dobbiamo chiedere: a che cosa serve oggi la poesia nel mondo della tecnica, di internet, della velocità e del cambiamento?
   Per la massa dei poeti essa potrebbe anche avere una funzione ludica, una funzione di evasione, consona alla nostra esistenza convulsa e spesso drammatica, per l’allentamento di  tensioni emozionali che salgono dal cuore e che si sciolgono in momenti espressivi, nelle parole, come grumi che si fanno umore fluido.
     Il problema  della funzionalità della poesia non è, però,  solo  per i poeti; ma è per il mondo attuale, per il mondo di tutti; per il mondo dei poeti e dei non poeti. Un mondo  pragmatico e mercantilistico, precario e instabile nell’affannarsi dell’uomo su impegni materiali; impegni che  coinvolgono l’uomo sino a distoglierlo dalla naturale riflessione interiore propria del suo animo. Impegni materiali che  distolgono l’uomo dai richiami dei drammi profondi di un mondo della natura violentato e sconvolto proprio dalla sua azione vorace e insensata. Un mondo in cui l’uomo pare  realizzarsi ed esaurirsi nella tecnica. Talmente  la tecnica è diventata invasiva ed intrusiva.
  Esiste ancora la possibilità di una funzione della poesia in un mondo così alterato dall’azione dell’uomo contemporaneo e in cui tutto si misura sulla dimensione del mercato? Tra mercato e tecnica, il mondo dell’espressione umana sembra condensarsi nella prosa. Il verso stesso sembra impacciare il poeta. Sembra che il poeta non sappia come liberarsene.
    Nell’economia di mercato, la poesia può avere valore di merce e, come tale, avere valore di scambio col denaro? A guardare l’editoria si può affermare decisamente di no. A meno che non si guardi al mercato del fai da te, dell’autopubblicazione, in cui a camparci però sono gli operatori d’impresa e non i poeti. Ma sul piano del numero dei lettori, si potrebbe dire che la funzione della poesia sia esaurita. A meno che non se ne tenti un recupero. Forse anche con un riannodarsi in qualche modo al passato. Almeno per non andare totalmente in deriva.

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