SCUOLA A
SOQQUADRO
Ricomincia un nuovo anno scolastico. E la verbosità
giornalistica e la superficialità della cosiddetta opinione pubblica non pongono
alcuna attenzione al soqquadro della
funzione primaria della scuola.
La loro attenzione è rivolta marginalmente alla stabilità e alla
sicurezza degli edifici e molto di più al funzionamento della scuola: giorni ed
orari di apertura e chiusura, giorni di vacanza, la favola perdurante dei
quattro mesi di ferie per gli insegnanti e quella più risibile del loro scarso
orario giornaliero di lavoro, al solito, Dio sa con quale logica, messo a confronto con quello degli operai e
dei dipendenti privati.
Ma non vedono, la verbosità dei giornalisti
e la superficialità della cosiddetta opinione pubblica, la messa a soqquadro
della scuola nella sua funzione primaria ed essenziale dell’essere davvero scuola. Non vedono che la scuola cade a pezzi, non nei muri delle aule, negli
arredi e nelle varie suppellettili, ma nella sua essenzialità, nella sua opera
educativa.
Perché l’una e l’altra vedono la scuola
nelle aule, nell’edificio. Come per una fabbrica. O come per un ufficio
qualsiasi. E vedono gli insegnanti non come educatori, ma come impiegati di
qualsiasi genere, come semplici prestatori d’opera. Confondono l’edificio
scolastico con la scuola! E non sono pochi quelli che lo fanno ad arte, per
tornaconto delle loro logiche fasulle. Perché sanno bene che la funzione della
scuola è quella educativa. Ma non lo dicono!
Fanno finta di non sapere che noi insegnanti nel dopoguerra facemmo scuola
nelle stalle ripulite; e che prima ancora della guerra non furono pochi insegnanti
a fare scuola itinerante o all’aperto.
Che cosa c’entrano con la scuola gli edifici e le aule, oltre alla comodità e
alla sicurezza che giustamente possono offrire?
La scuola vera sta nella sua funzione:
nella funzione educativa efficiente ed efficace degli insegnanti: sta negli
insegnanti. La scuola non è fatta dalle aule, ma è fatta dagli insegnanti, se
liberi nella loro azione educativa (la libertà dell’insegnamento ora l’anno
seppellita sotto la catasta delle normative e direttive burocratiche).
E
quella che oggi si colpisce e si mette a soqquadro è proprio la scuola
educativa degli insegnanti! Si guarda alla precarietà degli edifici ma non si
guarda alla demolizione continua e pervicace dell’autorità degli educatori.
Perché essa è in qualche modo ostacolo alle loro strategie, giacché in queste già
si notano propedeutiche prospettive per una avveniristica sostituzione degli
insegnanti con la robotica. Quindi prospettive
di nuovi e perniciosi autoritarismi di coloro che in futuro saranno detentori
del potere.
Non è la scuola dell’insegnante educatore
che si vuole. Ora si vuole invece un’organizzazione scolastica diretta e
manovrata verticisticamente, che esprima
una sua propria funzione e indirizzi l’azione didattica dell’insegnante
apparentemente ancora libera.
Infatti l’insegnante è sempre più
condizionato dall’organizzazione scolastica, ridotto ad esecutore di progetti e
programmi e sempre più supervigilato dai superiori, dalle famiglie e dagli
stessi allievi, che più o meno direttamente ne destabilizzano e ne erodono l’autorità
educativa.
Ultimamente, senza pudore, hanno chiamato
questa scuola “la Buona Scuola”! A una
scuola che soppresse nel 1963 la scuola dell’avviamento al lavoro si è
sostituita una “Buona Scuola” che mira non più precipuamente all’educazione, ma
alla formazione dell’allievo per il suo inserimento nel mondo del lavoro! Cioè
alla sua immissione nel mercato del
lavoro, perché vengano favorite le classi imprenditoriale e finanziaria nelle loro condizioni concorrenziali dentro
l’attuale sistema economico. Una scuola dunque che mira non tanto più
all’educazione dell’uomo, ma alla formazione del lavoratore, della cui
personalità si valorizza soprattutto la dimensione di prestatore d’opera nel
sistema economico.
Cioè a quella scuola si sostituisce una scuola che si specializza e
si dirama in non so quanti indirizzi, in
non so quante sperimentazioni e in quanti pseudoprogetti per rispondere alle
richieste del mercato, che sperimenta e perde le sue energie in mille
iniziative psudodidattiche e affatto educative, si disperde in gite che
sottraggono il tempo stabilito per legge alle lezioni in risposta a richiami
economico-turistici ben esteriori ai compiti istituzionali della scuola.
Questa è la scuola odierna, tesa a rispondere agli interessi del mercato del
lavoro: e il colmo è che il mercato del lavoro di oggi non sarà
affatto il mercato del lavoro di domani. Cioè del tempo in cui vi si dovranno
inserire gli allievi di oggi!
Altro che scuola! Altro che “Buona Scuola”! E’ la scuola della miseria! Anzi è la miseria
della scuola!
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