mercoledì 12 settembre 2018


                           SCUOLA  A  SOQQUADRO

    Ricomincia un nuovo anno scolastico. E la verbosità giornalistica e la superficialità della cosiddetta opinione pubblica non pongono alcuna attenzione al soqquadro  della funzione primaria della scuola.
   La loro attenzione  è rivolta marginalmente alla stabilità e alla sicurezza degli edifici e molto di più al funzionamento della scuola: giorni ed orari di apertura e chiusura, giorni di vacanza, la favola perdurante dei quattro mesi di ferie per gli insegnanti e quella più risibile del loro scarso orario giornaliero di lavoro, al solito, Dio sa con quale logica,  messo a confronto con quello degli operai e dei dipendenti privati.
   Ma non vedono, la verbosità dei giornalisti e la superficialità della cosiddetta opinione pubblica, la messa a soqquadro della scuola nella sua funzione primaria ed essenziale dell’essere davvero scuola.  Non vedono che la scuola  cade a pezzi, non nei muri delle aule, negli arredi e nelle varie suppellettili, ma nella sua essenzialità, nella sua opera educativa.
   Perché l’una e l’altra vedono la scuola nelle aule, nell’edificio. Come per una fabbrica. O come per un ufficio qualsiasi. E vedono gli insegnanti non come educatori, ma come impiegati di qualsiasi genere, come semplici prestatori d’opera. Confondono l’edificio scolastico con la scuola! E non sono pochi quelli che lo fanno ad arte, per tornaconto delle loro logiche fasulle. Perché sanno bene che la funzione della scuola è quella educativa. Ma non lo dicono!
    Fanno finta di non sapere che noi  insegnanti nel dopoguerra facemmo scuola nelle stalle ripulite; e che prima ancora della guerra non furono pochi insegnanti a fare scuola itinerante o  all’aperto. Che cosa c’entrano con la scuola gli edifici e le aule, oltre alla comodità e alla sicurezza che giustamente possono offrire?
    La scuola vera sta nella sua funzione: nella funzione educativa efficiente ed efficace degli insegnanti: sta negli insegnanti. La scuola non è fatta dalle aule, ma è fatta dagli insegnanti, se liberi nella loro azione educativa (la libertà dell’insegnamento ora l’anno seppellita sotto la catasta delle normative e direttive burocratiche).
   E quella che oggi si colpisce e si mette a soqquadro è proprio la scuola educativa degli insegnanti! Si guarda alla precarietà degli edifici ma non si guarda alla demolizione continua e pervicace dell’autorità degli educatori. Perché essa è in qualche modo ostacolo alle loro strategie, giacché in queste già si notano propedeutiche prospettive per una avveniristica sostituzione degli insegnanti con la robotica. Quindi  prospettive di nuovi e perniciosi autoritarismi di coloro che in futuro saranno detentori del potere.
    Non è la scuola dell’insegnante educatore che si vuole. Ora si vuole invece un’organizzazione scolastica diretta e manovrata verticisticamente,  che esprima una sua propria funzione e indirizzi l’azione didattica dell’insegnante apparentemente ancora libera.
   Infatti l’insegnante è sempre più condizionato dall’organizzazione scolastica, ridotto ad esecutore di progetti e programmi e sempre più supervigilato dai superiori, dalle famiglie e dagli stessi allievi, che più o meno direttamente ne destabilizzano e ne erodono l’autorità educativa.
   Ultimamente, senza pudore, hanno chiamato questa scuola “la Buona Scuola”!  A una scuola che soppresse nel 1963 la scuola dell’avviamento al lavoro si è sostituita una “Buona Scuola” che mira non più precipuamente all’educazione, ma alla formazione dell’allievo per il suo inserimento nel mondo del lavoro! Cioè alla sua immissione  nel mercato del lavoro, perché vengano favorite le  classi imprenditoriale e finanziaria  nelle loro condizioni concorrenziali dentro l’attuale sistema economico. Una scuola dunque che mira non tanto più all’educazione dell’uomo, ma alla formazione del lavoratore, della cui personalità si valorizza soprattutto la dimensione di prestatore d’opera nel sistema economico.
   Cioè a quella scuola  si sostituisce una scuola che si specializza e si dirama  in non so quanti indirizzi, in non so quante sperimentazioni e in quanti pseudoprogetti per rispondere alle richieste del mercato, che sperimenta e perde le sue energie in mille iniziative psudodidattiche e affatto educative, si disperde in gite che sottraggono il tempo stabilito per legge alle lezioni in risposta a richiami economico-turistici ben esteriori ai compiti istituzionali della scuola.
   Questa è la scuola odierna, tesa a  rispondere agli interessi del mercato del lavoro:  e il colmo è  che il mercato del lavoro di oggi non sarà affatto il mercato del lavoro di domani. Cioè del tempo in cui vi si dovranno inserire gli allievi di oggi!
  Altro che scuola! Altro che “Buona Scuola”!  E’ la scuola della miseria! Anzi è la miseria della scuola!

   


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