domenica 17 giugno 2018


Riporto qui di seguito un brano del mio libro POESIA E FORMAautoedito con YOUCANPRINTin cartaceo e in ebook.
                        FUNZIONE DELLA POESIA 
   Nei miei recenti post, avevo scritto che in passato la poesia  aveva svolto non poche volte una funzione di sostegno al potere, come nella corte augustea e nelle corti rinascimentali. Fino a non molto tempo fa, in effetti la poesia ancora svolgeva una funzione viva ed operativa all’interno del sistema sociale, anche come strumento di produzione del consenso. 
   A questo proposito, proprio giorni fa, Franco Cordero scriveva su La Repubblica del 26 aprile 2012 con riferimento alla guerra di Libia: “…. dal Corriere della Sera D’Annunzio canta le Gesta d’Oltremare in terzine dantesche, dieci canzoni, 8 ottobre 1911- 14 gennaio 1912. Albertini gliele paga 1250 lire l’una ( insomma D’Annunzio incassa 12500 lire di quei tempi – n.d.s.-) Albertini ci tira un milione di copie del suo Corriere della Sera”.      
  Franco Cordero aggiunge, sempre con riferimento alla guerra di Libia: “Giovanni Pascoli tiene un discorso che ai miei tempi figurava nelle antologie, “La grande proletaria s’è mossa”. Figuriamoci: il pacifista e socialista Pascoli che diventa sostenitore di una guerra coloniale!”
   Oggi è cambiata profondamente la struttura della nostra società ad opera soprattutto della tecnica: ne risultano modificati i nostri modi di pensare e di vivere, quindi i nostri modi operativi, i nostri personali atteggiamenti.
   La funzione della poesia ora è davvero ridotta alla sola sfera personale e intimistica. E’ così marginale che  il potere l’ha utilizzata in questi ultimi tempi come strumento consolatorio per il cosiddetto  tempo libero; tanto che prima dell’attuale crisi finanziaria non c’era ente, dopolavoro, associazione che non bandisse il suo bravo concorso poetico, premiando i concorrenti come ad un concorso del gioco delle bocce o del gioco a briscola. In fondo a questa dimensione sociale è stata ridotta la funzione della poesia, soprattutto da una politica quanto mai ottusa e gretta.
    Bisogna però chiedersi se davvero la poesia può essere emarginata in modo così mortificante. Certamente lo può essere col suo consenso, cioè se i poeti accettano di limitare la loro funzione a una poetica dell’intimismo, al ripiegamento della loro personalità su se stessa, se davvero rinunciano ad una loro funzione sociale, di partecipazione alla costruzione della parte più profonda della nuova umanità. Non dovrebbero; secondo anche una dimensione civile, oltre che culturale.
    Di fronte ad una realtà così alienante e sempre più tecnicizzata come l’attuale, i poeti dovrebbero costituire la forza più reattiva per sommuovere il mondo affettivo e relazionale dell’uomo, certamente non per contrapporlo a quello della tecnica, ma per affrancarne la dimensione spirituale e rafforzare la libertà dell’uomo a fronte di un potere finanziario che minaccia di diminuirne le possibilità di sviluppo in un futuro sempre più tenebroso.



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