Riporto qui di seguito un brano del mio libro POESIA E FORMAautoedito con YOUCANPRINTin
cartaceo e in ebook.
FUNZIONE DELLA POESIA
Nei miei recenti post, avevo
scritto che in passato la poesia aveva
svolto non poche volte una funzione di sostegno al potere, come nella corte
augustea e nelle corti rinascimentali. Fino a non molto tempo fa, in effetti la
poesia ancora svolgeva una funzione viva ed operativa all’interno del sistema
sociale, anche come strumento di produzione del consenso.
A questo proposito, proprio giorni fa, Franco
Cordero scriveva su La Repubblica del 26 aprile 2012 con riferimento alla
guerra di Libia: “…. dal Corriere della Sera D’Annunzio canta le Gesta
d’Oltremare in terzine dantesche, dieci canzoni, 8 ottobre 1911- 14 gennaio
1912. Albertini gliele paga 1250 lire l’una ( insomma D’Annunzio incassa 12500
lire di quei tempi – n.d.s.-) Albertini ci tira un milione di copie del suo
Corriere della Sera”.
Franco Cordero aggiunge, sempre con
riferimento alla guerra di Libia: “Giovanni Pascoli tiene un discorso che ai
miei tempi figurava nelle antologie, “La grande proletaria s’è mossa”.
Figuriamoci: il pacifista e socialista Pascoli che diventa sostenitore di una
guerra coloniale!”
Oggi è cambiata profondamente la struttura della nostra società ad opera
soprattutto della tecnica: ne risultano modificati i nostri modi di pensare e
di vivere, quindi i nostri modi operativi, i nostri personali atteggiamenti.
La funzione della poesia ora è davvero ridotta alla sola sfera personale
e intimistica. E’ così marginale che il
potere l’ha utilizzata in questi ultimi tempi come strumento consolatorio per
il cosiddetto tempo libero; tanto che
prima dell’attuale crisi finanziaria non c’era ente, dopolavoro, associazione
che non bandisse il suo bravo concorso poetico, premiando i concorrenti come ad
un concorso del gioco delle bocce o del gioco a briscola. In fondo a questa
dimensione sociale è stata ridotta la funzione della poesia, soprattutto da una
politica quanto mai ottusa e gretta.
Bisogna però chiedersi se davvero
la poesia può essere emarginata in modo così mortificante. Certamente lo può
essere col suo consenso, cioè se i poeti accettano di limitare la loro funzione
a una poetica dell’intimismo, al ripiegamento della loro personalità su se
stessa, se davvero rinunciano ad una loro funzione sociale, di partecipazione
alla costruzione della parte più profonda della nuova umanità. Non dovrebbero;
secondo anche una dimensione civile, oltre che culturale.
Di fronte ad una realtà così alienante
e sempre più tecnicizzata come l’attuale, i poeti dovrebbero costituire la
forza più reattiva per sommuovere il mondo affettivo e relazionale dell’uomo,
certamente non per contrapporlo a quello della tecnica, ma per affrancarne la
dimensione spirituale e rafforzare la libertà dell’uomo a fronte di un potere
finanziario che minaccia di diminuirne le possibilità di sviluppo in un futuro
sempre più tenebroso.
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